Emanuela Orlandi, parla Alì Agca: “So chi l’ha rapita, il Vaticano dica dov’è”
«Emanuela Orlandi non fu mai rapita dal Kgb, dalla Stasi o dal governo bulgaro. La pista bulgara è un complotto della Cia, del Pentagono e dell’Entità del Vaticano. Il giudice Ilario Martella ha detto che il rapimento fu un complotto internazionale, ma lui e altri 007 italiani sanno perfettamente che Emanuela fu rapita dai servizi segreti del Vaticano. Mi rivolgo a Papa Francesco: liberate Emanuela, viva o morta, e consegnatela alla sua famiglia. Questa sarà la liberazione morale e spirituale della nostra Chiesa cattolica. A Pietro Orlandi invece dico: sei sulla strada sbagliata, non esiste alcuna pista di Londra». È la verità di Alì Agca, l’ex membro dell’organizzazione turca di estrema destra dei Lupi Grigi condannato all’ergastolo per aver sparato due colpi di pistola contro Papa Giovanni Paolo II, il 13 maggio 1981.
È a quell’attentato che sarebbe legato il rapimento di Emanuela Orlandi, la figlia del messo pontificio svanita nel nulla il 22 giugno 1983. Non a caso i rapitori tentarono più volte di scambiare la ragazza con l’attentatore. E oggi Agca non solo è pronto a chiarire nomi e circostanze, ma ha svelato quei segreti alla moglie Elena Hilal, che a settembre uscirà con il suo libro bomba «L’attentato al Papa», con la prefazione del procuratore speciale Riccardo Sindoca, nel quale sono contenute le confidenze segrete che Alì ha reso in esclusiva a Elena, per tracciare quarant’anni di bugie e depistaggi, messi in atto a livello internazionale e che si legano ad altri gialli irrisolti, ai soldi dello Ior, alla misteriosa fine del banchiere di Dio, Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte di Londra e a molto altro.
Alì ed Elena, in esclusiva a Il Tempo, anticipano alcuni dettagli importanti. E rispondono alle dichiarazioni del giudice Martella davanti alla Commissione bicamerale sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, il quale ha detto che il sequestro Orlandi fu «un’operazione di distrazione di massa ideata e compiuta dalla Stasi per evitare che la Bulgaria e tutto il mondo dell’Est venissero coinvolti nell’attentato al Papa, dopo che Alì Agca, interrogato da me, aveva iniziato ad accusare tre funzionari bulgari».
Spiega la moglie Elena: «Alì non aveva nessun complice e nessun mandante nell’attentato al Pontefice, voleva compiere un grande gesto che gli avrebbe consentito di passare alla storia. Volevo lasciare un segno e andarmene», disse ad Andrea Purgatori durante la loro ultima intervista. E questa è la verità. La pista bulgara fu costruita interamente a tavolino e imposta ad Agca con pesanti intimidazioni del tipo: «Se non insisti nell’accusa contro i bulgari ti buttiamo in una cella di isolamento per trent’anni!. Così gli disse il giudice Imposimato una sera del dicembre ’82». Elena sottolinea che «se avesse accettato di collaborare, gli venne promessa la libertà in due anni per mezzo della grazia presidenziale.
Fu proprio il giudice Martella in persona a fargli questa promessa nell’autunno ’81». Non a caso quando «nel maggio ’83 venne poi rapita una cittadina italiana, Mirella Gregori e un mese dopo Emanuela Orlandi, cosa chiesero i rapitori? La liberazione di Agca per mezzo della grazia presidenziale». Conclude Elena: «Martella è ormai uno dei pochi rimasti in Italia a conoscere la verità sulla sorte di Emanuela e Mirella. Quindi cerchiamo di non lasciarci sfuggire quest’ultima occasione, poiché temo che dal Vaticano non arriverà nulla di buono».
Rita Cavallaro per Il Tempo