Becciu contrattacca, Parolin vacilla
Le chance per la elezione al soglio pontificio del segretario di Stato vaticano di origini schiavonensi potrebbero affievolirsi per i recenti cascami del Chelseagate e per quelli dell’affaire Sindoca: un caso, quest’ultimo, che ha alcune propaggini tutte vicentine

Il caso della vera o presunta macchinazione che alcuni ambienti vaticani avrebbero ordito nei confronti del cardinale Angelo Becciu possono mettere in discussione le aspirazioni dello schiavonense Pietro Parolin, oggi segretario di Stato vaticano, alla elezione a pontefice? E in questo contesto che peso può avere il dossier «fasullo» circolato in concomitanza delle rivelazioni sull’affaire Becciu ad opera de il Domani? Di più, il dossier falso costruito sulla base di alcune informazioni autentiche (di cui parla Il Tempo), che avrebbe avuto come bersaglio Riccardo Sindoca «il procuratore in atti» ossia il soggetto che cura gli interessi di uno degli imputati nell’ambito del processo istruito dalla magistratura vaticana, come si riverbererà sulla stessa magistratura vaticana? E come questa ulteriore novità si riverbererà sul prossimo conclave?
LA SCIARADA E IL PREAMBOLO
La sciarada è particolarmente complessa. Il primo sussulto si avverte a metà aprile quando il Domani pubblica una serie di chat secretate che, nonostante la insistenza delle difese, non erano state messe agli atti del processo di primo grado che ha portato la magistratura vaticana a condannare per peculato e abuso d’ufficio il cardinale Angelo Becciu. e a condannare (per malversazioni) quella che è stata descritta come la sua fiduciaria Cecilia Marogna. A processo però erano finite diverse altre persone per vero. Ad ogni modo la vicenda retrostante rispetto alla indagine è intricatissima. E riguarda, tra i tanti punti controversi, l’acquisto di un immobile londinese da parte della Santa sede. L’operazione si sarebbe rivelata un pessimo affare per le finanze vaticane: e un ottimo affare invece per i venditori. Tuttavia, sempre che esistano, il processo (secondo i detrattori della stessa inchiesta) non avrebbe fatto completa chiarezza sui mandanti occulti di uno scandalo finanziario ribattezzato «Chelseagate»: dal nome del quartiere londinese in cui si trova lo stabile finito al centro della querelle giudiziaria.
CLAMORE MEDIATICO
Al caso Vicenzatoday.it ha dedicato tre approfondimenti: il primo è datato 8 luglio 2021. E poi, un secondo, porta la data del 4 gennaio 2022, mentre il terzo risale al 26 febbraio 2023. Tutti e tre i servizi ruotano, per l’appunto, attorno a due domande precise. I reali ideatori e i reali beneficiari della controversa operazione immobiliare londinese sono davvero finiti sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti? E se non ci sono finiti come si spiega tutto ciò?
Anche lungo questa scia, gli scoop de il Domani, con una serie di servizi firmati da Enrica Riera hanno gettato un’ombra sinistra sul processo. Che dalla stampa cattolica non è stata né ignorata né minimizzata. Basti pensare alla ampia copertura assicurata alle recentissime rimostranze di Becciu da l’Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani. Il cardinale Becciu, quando vennero formulate le accuse verso di lui, non era un porporato di secondo piano. De facto, alla Segreteria di Stato, era il numero due di Parolin. Ed è proprio sull’effettivo ruolo di quest’ultimo in relazione al Chelseagate che si sono concentrate le attenzioni di molti: a partire dalle difese.
LO 007 PADOVANO, L’INFORMATIVA FASULLA E GLI AMBIENTI DELLA CURIA
Ad ogni modo, a rendere ancora più inintellegibile il solco, almeno concettuale, che parte dallo scandalo londinese e che giunge al prossimo conclave, che segue la morte di papa Francesco (al secolo Jorge Mario Bergoglio), c’è un’altra novità. Si tratta delle rivelazioni de Il Tempo. Tra coloro che sostengono a spada tratta la propria innocenza non c’è solo Becciu: lo stesso vale infatti anche per Marogna. Tuttavia, come racconta il quotidiano romano, il procuratore in atti della fiduciaria di Becciu (il padovano di Villa del Conte Riccardo Sindoca, un ex 007 notissimo in terra vicentina per i cascami del caso Safond sarebbe stato il bersaglio di un dossier che lo stesso Sindoca definisce «inquietante». Un dossier «falso e calunnioso», ma realizzato sulla base di alcune informazioni «vere» magari «riservate o addirittura classificate», che avrebbe cominciato a circolare anche negli ambienti della intelligence «guarda caso» poche ore prima che lo scoop de il Domani deflagrasse a Roma e non solo a Roma.
IL DOSSIERAGGIO
E così la vicenda ora rischia di colorarsi ancor più di giallo perché Vicenzatoday.it nel luglio del 2023, molto in anticipo sul polverone di questi giorni, diede conto di una doglianza molto precisa di Sindoca. Il quale, assieme ai suoi legali Giovanni Di Sera e Fiorino Ruggio, lamentava di essere stato colpito da una azione di dossieraggio ad ampio spettro (sulle cui eventuali finalità «rimane un mistero fitto fitto») all’interno della cui cornice si sarebbe potuto scorgere l’operato di pezzi dell’intelligence, di pezzi della magistratura e di pezzi della Guardia di finanza. In quel servizio peraltro compariva il nome dell’allora presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone. Che assieme al titolare della pubblica accusa, ossia il promotore di giustizia Alessandro Diddi, è stato un indiscusso e, per certi versi, controverso protagonista del processo Becciu.
In questo ginepraio di eventi però, c’è un altro elemento che salta all’occhio. All’interno della cornice del dossier «falso e calunnioso che in alcuni ambienti della curia» sarebbe stato pensato per bersagliare Sindoca, a quest’ultimo sarebbe stata attribuita una manovra oscura. In forza della quale lo stesso Sindoca avrebbe inventato di sana pianta un coinvolgimento dell’Iran nella sparizione della cittadina vaticana Emanulea Orlandi. Il Tempo ricorstruisce così gli intenti del dossier. «Ottenere da Agca una dichiarazione retrodatata, utile a sostenere una narrazione parallela secondo cui Manuela… anziché Emanuela, ndr… Orlandi sarebbe stata sequestrata nel 1983 da cellule filo-iraniane per scambiare prigionieri politici, transitando successivamente per un appartamento sicuro in Turchia. La dichiarazione è stata fornita in cambio di immunità spirituale, compenso e garanzia di pubblicazione su canali mediatici affiliati».
Infine, si legge sempre sullo storico quotidiano romano, la nota sottolinea come «la missione, classificata Delta-GRAVIS è attualmente in fase di elaborazione narrativa a cura dell’Ufficio Stampa Ombra e della Commissione Storico-Dottrinale Vaticana. L’operazione è considerata ad alto rischio etico, ma necessaria per la protezione dell’istituzione petrina e la disattivazione di ipotesi più pericolose a livello di opinione pubblica internazionale». Il tutto «firmato O.P., un funzionario pontificio di livello speciale dell’Area Crisis». Ma perché qualcuno, presumibilmente in seno alla curia romana, avrebbe ordito una trama del genere?
GLI ADDENTELLATI CON LE VICENDE ORLANDI E AĞCA
Sindoca, stimolato dalla giornalista Cavallaro fornisce una sua interpretazione. «È una nota delirante, che arriva senza dubbio dall’interno delle mura leonine e che ricevo nei giorni in cui stavano uscendo le chat che delineano il complotto contro Becciu e Marogna, di cui sono procuratore in atti», ha detto Sindoca. «Così come lo sono di Agca, che voleva contribuire alla verità sulla scomparsa della Orlandi. Cui prodest? Infangare me, che sono il rappresentante dei due protagonisti dei fascicoli più scottanti coordinati da Diddi?». Che il turco Mehmet Ali Ağca sia l’uomo che attentò alla vita di papa Giovanni Paolo II e che la moglie dello stesso turco, in un libro recentemente pubblicato da una casa editrice vicentina, abbia dato una lettura per certi versi scomoda degli eventi che seguirono l’attentato del 13 maggio 1981, la dice lunga sulle convulsioni che, sotto il pelo dell’acqua, potrebbero accompagnare l’inizio del conclave: ossia l’adunanza cardinalizia che ha il compito di eleggere il nuovo pontefice.
LO SCENARIO
Becciu, che sulla scorta della condanna di primo grado, ha fatto un passo indietro sulla sua partecipazione allo stesso conclave, non è chiaro se, indirettamente o meno, avrà voce in capitolo nel confronto tra i porporati. Il quale può avvenire sia dentro che fuori quella assise: che come da tradizione si terrà nella Cappella sistina. E ancora, non è chiaro se qualche cardinale vicino a Becciu possa portare o meno con sé nello stesso conclave qualche dossier dal peso specifico notevole. Ciò che è chiaro, invece, è la portata di una delle chat svelate dal Domani. «Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita», scrive a un certo punto Francesca Immacolata Chaouqui a Genoveffa Ciferri. Sono due tra i soggetti della «macchinazione» lamentata da Becciu. «Il fatto che quelle parole siano finite in bella vista sull’Avvenire rende plasticamente la delicatezza del momento» spiega Sindoca ai taccuini di Vicenzatoday.it che ancora una volta bolla come «fasullo» il dossier che lo ha preso di mira.
Di più, «sono un fatto le liason alto di gamma che contraddistinguono le due donne anche in seno alla Gendarmeria vaticana. Come è un fatto che pure alcuni audio siano divenuti di dominio pubblico. Tutto ciò, rimarca ancora Sindoca, «descrive bene la tensione che, gli addetti ai lavori e non solo loro, stanno vivendo fuori e dentro le mura leonine».
Ora come Parolin gestirà l’intera partita nel conclave però «lo sa solo lo Spirito santo»: questa almeno è la battuta che da qualche ora circola nella sua Schiavon (in foto una veduta del piccolo centro dell’Est vicentino). Parole che non arrivano per caso. E che in qualche modo sintetizzano il timore degli aficionados che le chance di una elezione al trono per il cardinale espressione della provincia berica «si siano affievolite»: anche se solo l’adunanza potrà dire l’ultima parola. «Il caso Becciu prima del conclave travolge Pietro Parolin», questo, tanto per avere una prima impressione di che aria tiri nella città eterna, è il titolo scelto da Virgilio notizie per un approfondimento pubblicato oggi 30 aprile: un approfondimento che in terra veneta «hanno subito letto in tanti».
Marco Milioni per VicenzaToday