Quel filo rosso che lega Vicenza ad Agrigento
C’è un nesso tra il tentato strangolamento patito nella città dei templi da Gian Joseph Morici e un interrogatorio avvenuto lo scorso anno negli uffici della procura berica? A porre la questione è un ex 007 padovano
Esiste una connessione tra il tentativo di strangolamento (di cui parla anche la stampa siciliana) denunciato dall’agrigentino Gian Joseph Morici a fine marzo e la deposizione, resa dall’ex 007 del controspionaggio Nato Riccardo Sindoca, davanti al pubblico ministero vicentino Hans Roderig Blattner il 23 giugno del 2023? A domandarselo è lo stesso Sindoca in un breve intervento pubblicato ieri 6 aprile sulla sua pagina Facebook.
L’ANTEFATTO
Morici, un personaggio per certi versi sui generis, considerato vicino ad alcuni ambienti dell’intelligence, è il fondatore del portale «La valle dei templi», in cui vengono pubblicati approfondimenti di vario genere, alcuni dei quali dedicati ai temi di mafia. La sera del 20 marzo 2024 qualcuno avrebbe tentato di strangolare con un cavo o qualcosa di simile lo stesso Morici. Il proposito ultimo dell’aggressore non sarebbe andato a buon fine poiché la vittima, intenta a fumarsi una sigaretta, avrebbe interposto l’avambraccio tra il collo ed il laccio stesso. L’aggressore, che non è stato possibile riconoscere o descrivere nel dettaglio, anche perché vestito di scuro e parzialmente travisato da un cappuccio, sarebbe poi fuggito.
Questo almeno è il resoconto fornito da Morici al personale della questura di Agrigento nella denuncia contro ignoti presentata il 22 marzo dalla stessa vittima (documentazione che chi scrive ha potuto compulsare per intero). Di più, invitato dal verbalizzante a fornire una chiave di lettura su quanto accaduto, Morici (nato nello Stato di New York negli Usa) e che a luglio compie 65 anni, tiene a precisare che su «LaValledeiTempli.net» sono stati pubblicati diversi approfondimenti dedicati ad alcuni temi scottanti.
Fra questi ci sono: «Le stragi di mafia del ’92» che cagionarono la morte dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le vicende della struttura paramilitare nota come Gladio, «il possibile coinvolgimento di uomini dei servizi di sicurezza italiani in alcune stragi degli anni ’80 e ’90», la vicenda del cosiddetto attentato fallito a Falcone nella frazione palermitana dell’Addaura, fino ad alcune vicende relative ad un presunto traffico di scorie nucleari.
Ancora, Morici, senza fornire dettagli nello specifico, riferisce che nel 2016 si sarebbe infiltrato all’interno dell’organizzazione terroristica di stampo islamico nota come «Isis». Le informazioni raccolte, in quella che si desume essere una sorta di attività di spionaggio o controspionaggio, sarebbero poi state messe a disposizione delle autorità italiane. Ora chiaramente spetta all’autorità giudiziaria vagliare ogni singolo spunto presente nella denuncia: ma anche la congruità, nonché la veridicità, di quanto riferito alla squadra mobile della Questura di Agrigento il 22 marzo scorso.
QUESTIONE DI FONDO
Ma allora come si spiega la presa di posizione del padovano Sindoca con quanto denunciato da Morici? Sindoca (oggi attivo come consulente aziendale e come consulente in criminologia), assieme alla criminologa Katia Sartori fa parte di un gruppo di studio che sta tentando di rileggere in controluce alcune vicende oscure della storia italiana: tra queste c’è la morte in circostanze mai chiarite del maresciallo Antonino Lombardo, considerato il depositario dei segreti confidatigli da Borsellino prima che il magistrato palermitano fosse assassinato.
La piacentina Sartori peraltro nel settembre 2022, su incarico della famiglia Lombardo, firmò una relazione di quattrocento pagine nella quale viene confutata la tesi del suicidio del maresciallo Lombardo: tesi che inizialmente fu fatta propria dalle autorità inquirenti.
È in questo contesto quindi che si colloca il commento pubblicato da Sindoca ieri sulla sua pagina Facebook. L’ex 007 di Villa del Conte nel Padovano, nell’ambito di un intricatissimo procedimento penale a suo carico che riguarda lo stato di decozione in cui è finita una ditta dell’Alto vicentino che si occupa di rigenerare sabbie di fonderia, la Safond Martini, decide di farsi sentire dal sostituto procuratore vicentino Hans Blattner.
Il motivo? Proprio perché l’indagato intende, ancora una volta, spiegare «carte alla mano» come sia completamente estraneo alle accuse. E come debba essere considerato vittima di una macchinazione ordita da coloro che veramente hanno causato il tracollo della società, che ora ha cambiato proprietà e nome e si chiama Silva. Peraltro giustappunto Sindoca con gli esposti indirizzati alla procura di Vicenza è colui che ha scoperchiato lo scandalo ambientale della Safond.
LO SCENARIO
Ed è durante quell’interrogatorio (ne parla Vicenzatoday.it in una articolata inchiesta pubblicata il 7 luglio 2023) che Blattner avrebbe posto a Sindoca alcune domande specifiche sulla morte di Lombardo. Si tratta di una circostanza che avrebbe «turbato» non poco Sindoca. «Esiste un nesso tra gli approfondimenti su temi scottanti come il rapporto mafia e politica, le inchieste sulle stragi ed il traffico di materia nucleare e altro» trattati su La Valle dei Templi dove «sia io che la Sartori abbiamo dato certe evidenze?». E ancora, l’aggressione «patita da Morici ha un nesso con il lavoro condotto dal gruppo di studio di cui faccio parte assieme alla criminologa Katia Sartori?». Gruppo di studio che tra le altre delicate questioni in sospeso «ha dedicato sforzi professionali notevoli, proprio per gettare una nuova luce sul caso della morte del maresciallo Lombardo considerato, per certi versi, il depositario delle confidenze del magistrato Borsellino, prima che la toga palermitana venisse uccisa insieme agli uomini della scorta, nella strage di via D’Amelio?».
Poi la chiusa: «Quanto accaduto a Morici può essere considerato un avvertimento di qualche tipo? Spero che l’autorità giudiziaria, che è stata compiutamente informata, possa fare chiarezza al riguardo con indagini serie». Ai taccuni di Vicenzatoday.it peraltro Sindoca aggiunge un’altra breve considerazione: «La giustizia deve essere autentica, ma l’impulso di chi la coltiva, come ribadito spesso dal pm antimafia Antonino Di Matteo e dall’ex pm antimafia, oggi avvocato, Antonio Ingroia, non deve mai travalicare la legge, poiché non è accettabile che i fini giustifichino i mezzi con condotte che violino la norma».
IL COMMENTO DEL MAGISTRATO: «AVVISO» OMERTOSO «AI NAVIGANTI»
Ma la vicenda in queste ore si tinge ancor più di giallo. Perché a ipotizzare in qualche modo la natura intimidatoria del gesto patito da Morici non c’è solo Sindoca, ma pure un magistrato di peso come Lorenzo Matassa: notissimo, tra le altre, per essere stato giudice per le indagini prelimnari in molti procedimenti importanti nonché pubblico ministero durante il processo per l’omicidio di don Giuseppe «Pino» Puglisi, ucciso da Cosa nostra un anno dopo gli attentati a Falcone e Borsellino.
Matassa, in una lettera aperta pubblicata ieri proprio su La Valle dei Templi dal titolo «La corda pazza al collo dei siciliani» parla del caso Morici. «Vi è in questo gesto volutamente non portato ad estremo compimento – rimarca il magistrato, inserendo parecchi riferimenti all’opera di Leonardo Sciascia – qualcosa di assai simbolico e metaforico, una specie di… avviso ai naviganti… per dire loro che… incidenti come questo… possono capitare a tutti quelli che non osservano l’omertosa regola aurea delle tre scimmie: non vedo, non sento, non parlo». Matassa parla per l’appunto di «avviso ai naviganti», facendo intendere che una eventuale condotta minatoria verso Morici possa essere stata indirizzata, per interposta persona, anche verso altri. Ora la palla, per quanto di loro competenza, passa agli inquirenti.
Marco Milioni per Vicenza Today